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Vittoria
della diplomazia
KABUL FERMA IL BOIA. SPERA IL CRONISTA
CHE CRITICO' L'ISLAM
Il Senato
afgano concede l'appello al giovane che attaccò
la discriminazione delle donne nel Corano
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di
Andrea Morici
(articolo tratto da "Libero" - 3 Febbraio 2008)
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Forse
Sayed Pervez Kambaksh si può ancora salvare. Il Senato
afgano ritira il sostegno dato il 30 gennaio scorso alla
condanna a morte per blasfemi a inflitta al ventitreenne
giornalista, dichiarandolo «un errore tecnico»
e riconoscendogli finalmente «il diritto dì
avere un avvocato difensore, il diritto di presentare appello
e altri diritti legali».
Se none un'assoluzione, perché «la Camera alta
approva il perseguimento di tali atti pervia giudiziaria",
il gesto apre almeno la porta a un intervento del presidente
della Repubblica Hamid Karzai per la liberazione di Kambaksh,
studente di giornalismo dichiarato colpevole da un tribunale
di Balkh di aver insultato l'islam.
PROCESSO-FARSA
Durante il processo-farsa, svoltosi a porte chiuse, all'imputato
è stato negato il diritto alla difesa, lamentano
i familiari sul quotidiano britannico Independent, che ha
lancialo anche una campagna per il giovane reporter. Per
i fondamentalisti islamici, secondo la sharia "non
dovrebbe godere del diritto all'appello in un tribunale
statale perché il reato cade sotto la giurisdizione
religiosa della legge coranica”. E tutto per aver
distribuito qualche articolo, scaricato da Internet, che
metteva in discussione alcuni passi del Corano, soprattutto
nella parte in cui si concede all'uomo di avere più
mogli, ma non viceversa.
Il governo di Kabul aveva precisato che la condanna di Kambaksh
non ha nulla a che vedere con la sua attività giornalistica,
ma per salvare il reporter si erano schierate diverse organizzazioni
internazionali, dall'Onu al Parlamento europeo, alle associazioni
di giornalisti (tra cui la Federazione internazionale dei
giornalisti con sede a Bruxelles e il Comitato perla tutela
dei giornalisti di New York), gruppi per i diritti umani
e diplomatici occidentali che invitano il governo dì
Hamid Karzai a intervenire per liberarlo.
Mentre, in Afghanistan, il promotore della ratifica parlamentare
della condanna a morte era proprio un senatore vicino a
Karzai, Sibghatullah Mojaddedi, sul fronte opposto alcune
centinaia di persone si erano radunate giovedì in
piazza a Kabul per protestare contro fa sentenza.
D'ALEMA SI MUOVA
Per un gesto di clemenza, in Italia, si erano mossi Antonio
Tajani, presidente degli eurodeputati di Forza Italia e
la Fondazione Liberal con Ferdinando Adomato, Andrè
Glucksmann e Michael Novak. Ieri, intanto, il presidente
di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, ha chiamato in causa
Massimo D'Alema, giudicando «doveroso che il nostro
ministro degli Esteri faccia un passo ufficiale presso il
presidente Karzai affinché tenga conto delle preoccupazioni
del mondo che lo appoggia».
Oltre il mondo politico la mobilitazione proseguirà,
annuncia il presidente della Federazione Nazionale della
Stampa italiana, Roberto Natale, che ritiene «indispensabile
mantenere una forte pressione affinché al collega
afghano sia presto restituita la libertà. Ma questa
vicenda segnai ancora una volta quale funzione straordinariamente
rilevante possano avere i giornalisti, quando decidono di
orientare la loro attenzione su importanti cause civili».
Sui diritti “alla vita e alla libertà d'espressione”
punta invece Giovanni Negri, presidente dell'Associazione
Lombarda dei giornalisti, che chiede «un intervento
del governo italiano» a sostegno del «coraggioso
giornalista afghano, similmente a quanto era accaduto per
Abdul Rahman, condannato per apostasia in Afghanistan, ma
al quale nel 2006 è stato concesso l'asilo politico
in Italia» |
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COMMENTI |
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Noi
siamo impegnati a riaffermare il valore della civiltà
occidentale come fonte di princìpi universali e
irrinunciabili, contrastando, in nome di una comune tradizione
storica e culturale, ogni tentativo di costruire un'Europa
alternativa o contrapposta agli Stati Uniti. |
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Siamo
impegnati a rifondare un nuovo europeismo che ritrovi
nell'ispirazione dei padri fondatori dell'unità
europea la sua vera identità e la forza di parlare
al cuore dei suoi cittadini. |
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Siamo
impegnati ad affermare il valore della famiglia quale
società naturale fondata sul matrimonio, da tenere
protetta e distinta da qualsiasi altra forma di unione
o legame. |
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Siamo
impegnati a promuovere l'integrazione degli immigrati
in nome della condivisione dei valori e dei princìpi
della nostra Costituzione, senza più accettare
che il diritto delle comunità prevalga su quello
degli individui che le compongono.
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Siamo
impegnati a sostenere il diritto alla vita, dal concepimento
alla morte naturale, a considerare il nascituro come
"qualcuno", titolare di diritti che devono
essere bilanciati con altri, e mai come "qualcosa"
facilmente sacrificabile per fini diversi. |
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impegnati a diffondere la libertà e la democrazia
quali valori universali validi ovunque, tanto in Occidente
quanto in Oriente, a Nord come a Sud. Non è al
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i privilegi di pochi. |
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Siamo
impegnati a riconfermare la distinzione fra Stato e
Chiesa, senza cedere al tentativo laicista di relegare
la dimensione religiosa solamente nella sfera del privato.
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Siamo
impegnati a fronteggiare ovunque il terrorismo, considerandolo
come un crimine contro l'umanità, a privarlo
di ogni giustificazione o sostegno, a isolare tutte
le organizzazioni che attentano alla vita dei civili,
a contrastare ogni predicatore di odio. Siamo impegnati
a fornire pieno sostegno ai soldati e alle forze dell'ordine
che tutelano la nostra sicurezza, sul fronte interno
così come all'estero. |
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