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LA
SPERANZA, QUESTA BAMBINA DA NULLA, VINCE IL BULLISMO DISPERATO
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di
Emanuele Polverelli
(articolo tratto da "Le ragioni dell'Occidente"
- Aprile 2007) |
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Esco
dall’aula. Stanco, pensoso. Mille pensieri frullano
in testa. E di botto mi dico: “Ma che noia la lezione
di oggi. Ma come hanno fatto gli studenti a seguirmi! Confusa,
non lineare, poco vivace ... così non va”.
Prendo l’auto e questi pensieri mi frullano dentro.
Nel pomeriggio ci sono appunti da sistemare, manuali da
rivalutare e qualcosa da perfezionare nelle scelte per la
prossima lezione.
Si lavora, dunque. Si lavora perché la scommessa
educativa non abbia a patire una sconfitta a causa di inerzie
e deficienze.
Un docente non può non porsi in questo atteggiamento
ogni volta che ha terminato la propria lezione.
Naturalmente può ben accadere di uscire dall’aula
soddisfatti, perché talora (si spera il più
delle volte) la lezione procede bene, ha creato suggestioni,
è stata la molla per un percorso di acquisizione
del sapere.
Ma non è possibile uscire dall’aula senza mettersi
in discussione, senza valutare la scommessa che si apre
con quel varcare la soglia dell’aula e l’inizio
delle prime parole. La scommessa che si apre con il semplice
saluto ai ragazzi. Perché di una scommessa si tratta,
una scommessa che è vitale, sia per il docente che
lo studente, e che non può che essere vincente. Altrimenti
tutto va a rotoli. Tu e il mondo che ti circonda.
Una scommessa difficile oggi, messa in discussione da tutto
attorno a noi. Una scommessa che il mondo vorrebbe vinta
prima di giocarla, perché la teme profondamente e,
temendola, la censura. Una scommessa di fronte alla quale
emerge la schizofrenia di una società senza identità.
Una volta, un collega, mentre si scherzava sui ragazzi poco
interessati, mi confida: “oggi le parole che dicevo
quasi annoiavano me stesso, pensa i miei ragazzi”.
Questo collega è capace di suscitare un fascino notevole,
all’interno delle sue lezioni. Eppure eccolo lì,
critico nei confronti di una lezione venuta meno bene.
Lui a lezione c’era. Era presente, consapevole.
Purtroppo la maggior parte degli adulti, oggi, non c’è.
E’ in difesa.
D’altra parte, l’aula è un tribunale,
implacabile e spietato. Non lascia prove d’appello.
Stare in difesa è l’accettazione della sconfitta
educativa, in favore del quieto vivere, magari socialmente
apprezzato e controfirmato da circolari ministeriali.
Questo “stare in difesa” è un gestire
i 60 minuti, in modo che passino prima possibile, senza
che la situazione tracolli e al suono della campanella tirare
il fiato. Lo stare in difesa si ammanta di mille forme.
La prima è quella di apparire democratici e dialoganti.
Lo studente telefona in classe, contro ogni norma? Ti volti
dall’altra parte. Studiano per la lezione dopo? Vado
avanti lo stesso. Parlottano e non ascoltano? Procedo per
gli altri. Chiedono di uscire e non rientrano? Non me ne
accorgo. Cose che accadono normalmente e che, da parte di
molti insegnanti, si riducono in un semplice lamento, acido,
colpevolizzante, senza che peraltro si possano individuare
elementi positivi di ripresa. “In quella classe sono
indisciplinati. Metà classe nella mia ora di lezione
esce e se ne sta fuori!”, dice uno. Allora chiedo
al collega “Ma chi ha dato loro il permesso di uscire?”
Silenzio imbarazzato. Ovviamente li aveva lasciati uscire
lui. Almeno fuori non rompono.
Perché la scommessa sia vinta, occorre esserci e
non abdicare al proprio ruolo. Ci sono docenti che non spiegano
nulla e non pretendono nulla. Fatica evitata per tutti.
Felici e contenti si arriva all’esame, momento in
cui le tensioni esplodono.
La lotta trascinante e affascinante contro l’inerzia
spontanea di giovani e adulti, parte da quei luoghi, da
quelle parole e da quei gesti. Se la lotta è in corso,
se non è vilmente evitata, lo spazio per attività
distruttive come quelle che abbiamo ogni giorno sotto gli
occhi viene a meno.
Per questo occorrono adulti che amano la lotta e la sfida,
che non si accomodano su una cattedra. Che amano l’esistenza
al punto tale da non sfuggire a nulla di essa, nemmeno a
quelle classi dove metà alunni sono problematici,
demotivati, esito di un percorso distruttivo. Perché
un cuore e una ragione ce l’hanno pure loro, e ancora
più hanno l’impeto di chi cerca uno che parli
e creda in quello che dice. L’impeto di chi cerca
bellezza, verità e giustizia.
Il bullismo è l’ultimo volto del nulla in cui
abbiamo lasciato per troppo tempo i nostri giovani. Contro
il bullismo, occorre che vi siano adulti pronti a rispondere
alla sfida di un’attesa. La sfida di venticinque giovani
che stanno lì, con i loro occhi aperti e la loro
attesa. La sfida di un figlio che abbisogna di te. I loro
occhi puntati e pronti a cogliere ogni sfumatura di quel
che fa il “prof”. Ma cosa fa il “prof”?
Ha qualcosa da dire? Li guarda? Guarda quella ferita loro
intima, che si chiama cuore, desiderio o attesa? Oppure
“cazzeggia” con qualche formula matematica,
qualche concetto filosofico o peggio ancora intorno alla
Juve, alla politica o al gossip?
Ma, poi, attesa di cosa? La risposta è evidente.
E’ ancora quella. Attesa di uno che parli e dica cose
in cui crede. Uno che testimoni che studiare è positivo
e non un orrido violentare la propria voglia di vivere,
piegati su un tavolo o su un libro, come invece immediatamente
appare. Uno che testimoni la passione per la bellezza e
la verità. Uno che lavori perché questa passione
possa divenire il centro stesso della lezione.
Ma ci sono queste persone? Se ci sono, battano un colpo.
Un colpo che sia più forte della stupidità
di chi si lascia toccare il culo, oppure guarda con un sorrisino
ebete lo studente che la sta prendendo in giro, rovesciandole
addosso fior di parole oscene.
You Tube, il sito dove trovano luogo i famigerati filmati
in cui si documentano le nefandezze che avvengono in classe,
dovrebbe essere benedetto da tutti e dalla scuola in particolare.
Ha testimoniato un mondo fatto di vuoto e di imbecille inanità,
che altrimenti sarebbe rimasto chiuso all’interno
delle quattro mura di un’aula. Le testimonianze che
ascoltiamo e vediamo, richjiamano la necessità di
una svolta radicale. Occorre ricostruire, rigenerare, ritemprare.
Ma come farlo?
Non c’è alternativa. Occorre un’irrefrenabile
passione per la positività dell’esistenza.
Occorrono uomini che portano una speranza nel cuore. Il
bullismo e il vuoto che gli fa da contorno sono figli della
disperanza.
Occorre svuotare la scuola dagli ottimisti, prezzolati perché
ripetano le parole rese vuote dalla pubblicità-progresso
(dialogo, democrazia, benessere, autostima, disagio, rispetto),
e riempirla di uomini che vivono la speranza. Una speranza
che è il segno dell’incontenibile positività
dell’essere. Non c’è alternativa.
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“La
speranza è una bambina
da nulla. (...)
Eppure è questa bambina
che traverserà i mondi.
Questa bambina da nulla.”
Charles Peguy
(Il portico del mistero della seconda virtù) |
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COMMENTI |
29-06-2011
• MARIA DONATA AGOSTINELLO
Il bullismo come fenomeno sociale, deve coinvolgere scuola
e famiglia.non dimentichiamo mai di ascoltare la voce del
bambino....o meglio le richieste di aiuto di tutti quegli
alunni che quotidianamente vengono nelle aule scolastiche
italiane e del mondo soffocati dalle prepotenze dei loro
coetani.io ho affrontato questa tematica nella mia tesi
di laurea in pedagogia sociale . |
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Noi
siamo impegnati a riaffermare il valore della civiltà
occidentale come fonte di princìpi universali e
irrinunciabili, contrastando, in nome di una comune tradizione
storica e culturale, ogni tentativo di costruire un'Europa
alternativa o contrapposta agli Stati Uniti. |
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Siamo
impegnati a rifondare un nuovo europeismo che ritrovi
nell'ispirazione dei padri fondatori dell'unità
europea la sua vera identità e la forza di parlare
al cuore dei suoi cittadini. |
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Siamo
impegnati ad affermare il valore della famiglia quale
società naturale fondata sul matrimonio, da tenere
protetta e distinta da qualsiasi altra forma di unione
o legame. |
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Siamo
impegnati a promuovere l'integrazione degli immigrati
in nome della condivisione dei valori e dei princìpi
della nostra Costituzione, senza più accettare
che il diritto delle comunità prevalga su quello
degli individui che le compongono.
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Siamo
impegnati a sostenere il diritto alla vita, dal concepimento
alla morte naturale, a considerare il nascituro come
"qualcuno", titolare di diritti che devono
essere bilanciati con altri, e mai come "qualcosa"
facilmente sacrificabile per fini diversi. |
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Siamo
impegnati a diffondere la libertà e la democrazia
quali valori universali validi ovunque, tanto in Occidente
quanto in Oriente, a Nord come a Sud. Non è al
prezzo della schiavitù di molti che possono vivere
i privilegi di pochi. |
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Siamo
impegnati a riconfermare la distinzione fra Stato e
Chiesa, senza cedere al tentativo laicista di relegare
la dimensione religiosa solamente nella sfera del privato.
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Siamo
impegnati a fronteggiare ovunque il terrorismo, considerandolo
come un crimine contro l'umanità, a privarlo
di ogni giustificazione o sostegno, a isolare tutte
le organizzazioni che attentano alla vita dei civili,
a contrastare ogni predicatore di odio. Siamo impegnati
a fornire pieno sostegno ai soldati e alle forze dell'ordine
che tutelano la nostra sicurezza, sul fronte interno
così come all'estero. |
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